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Rosamunde Pilcher, la regina del ‘rosa’ e il suo capolavoro “I cercatori di conchiglie”

Stiamo vivendo tempi bui, non c’è dubbio. Recuperata una parvenza di normalità, con l’attenzione sempre alta al Covid 19, a scompaginare le carte è arrivata la guerra alle porte d’Europa, con tutto il suo bagaglio di morte e distruzione. Nei momenti di difficoltà emotiva, ho imparato che un libro può alleggerire lo smarrimento e la tensione regalando una mezz’ora di serenità.

Riordinando la libreria di casa, impresa ardua che non va mai a buon fine, ho scovato I cercatori di conchiglie di Rosamunde Pilcher, in un vecchio formato Oscar Mondadori datato 1990. La prima edizione risale al 1987 e, all’epoca, fu un grande successo di pubblico e critica, consacrando Rosamunde Pilcher come regina del romanzo sentimentale.

Avete capito bene: stiamo parlando d’amore. Quando lo lessi, alla fine degli fine anni Ottanta, lo trovai veramente gradevole. Buona scrittura, ottima traduzione, trama avvincente e ben costruita. Oltre cinquecento pagine d’amore!

Ma non si tratta propriamente di “farfalle nello stomaco”.O meglio, non solo. Girovagando nella splendida serra di Penelope Keeling, incontreremo l’amore per la natura. Seguendo Olivia (figlia di Penelope), una straordinaria donna d’affari, direttrice della famosa rivista Venus, apprezzeremo l’amore per il lavoro. Potremo sporcarci le mani di colore, insieme a Lawrence Stern (padre di Penelope) intento a dipingere uno dei suoi quadri respirando, oltre alla trementina, tutto l’amore per l’arte.

Quante forme ha l’amore?

In quanti modi si esprime l’amore? Penelope Keeling, splendida figura femminile, ricca di serenità interiore e di fiducia verso gli uomini e il destino, racchiude in sé tutte le forme dell’amore.

Penelope è una signora ultrasessantenne che, reduce da un lieve attacco di cuore, vuole tornare un’ultima volta in Cornovaglia, dove ha vissuto da ragazzina durante la Seconda guerra mondiale. Abita nella campagna londinese, in un piccolo cottage, dove si è trasferita da poco; un luogo confortevole, a sua misura, con un giardino lussureggiante e una serra.

La vita al cottage è scandita dalle piccole faccende quotidiane come la spesa in paese, la cucina con la stufa a petrolio Aga sempre in funzione, il salotto dove leggere o telefonare ai figli lontani sotto lo sguardo sornione de I cercatori di conchiglie, grande dipinto di Lawrence Stern, suo padre.

I figli, Nancy, Noel e Olivia, così diversi tra loro, vanno a farle visita raramente. E tuttavia Penelope non si rammarica più di tanto. Nella serra o nel giardino, dove spuntano timidi i primi bucaneve, trascorre ore serene, cercando di fare un bilancio della sua vita e guardando spesso al passato.

La struttura del romanzo è complessa, i protagonisti sono numerosi, come le vicende che si snodano in un vasto arco temporale. Tuttavia il libro scorre fluido e avvincente.

Non si pensi a un romanzo rosa, bensì a tante storie che confluiscono nella storia principale. A fare da sfondo i dipinti del padre di Penelope, che trovano una rivalutazione sul mercato finanziario non indifferente e questo, inutile dirlo, creerà un po’ di scompiglio nella vita tranquilla di Podmore’s Thatch.

Morale: riletto a distanza di decenni, il romanzo ha mantenuto intatta la sua freschezza, confermandosi il libro più riuscito di Rosamunde Pilcher.

Vi garantisco che, per il tempo necessario alla lettura, ci si dimentica delle brutture del mondo.

LallaLena

 

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