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Mahamud ucciso e decapitato, killer temevano portasse clienti nel nuovo negozio

Dopo sette ore di interrogatorio si è arrivati alla confessione dell’omicidio di Mahmoud Abdalla, il barbiere di 18 anni di origine egiziana ucciso, fatto a pezzi e poi gettato in mare a Chiavari. A confessare sono stati Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, 27enne conosciuto come Tito, e Mohamed Ali Abdelghani Ali, detto Bob, di 26 anni, datore di lavoro e socio di una barberia a Sestri Ponente. I due hanno confermato di aver ucciso il giovane, dandosi però colpe a vicenda e cercando di farlo passare come incidente. Una versione che per gli investigatori e gli inquirenti è poco credibile. Quello su cui i due concordano invece è il movente, ovvero la “paura che, nel lasciare il lavoro, i clienti lo seguissero”. I due sono indagati per omicidio aggravato in concorso e distruzione di cadavere. Alla pm Daniela Pischetola i due indagati hanno raccontato che il 18enne, il quale viveva da qualche mese nel retrobottega del negozio con altri dipendenti, aveva deciso di licenziarsi. Nelle 13 pagine di motivazioni al fermo c’è la ricostruzione dei fatti prima dell’omicidio: Mahmoud lavorava nella barberia che Tito gestiva assieme a Bob a Sestri Ponente, quando un giorno ha detto che se ne voleva andare a lavorare da un’altra parte. Non solo l’ha detto, ma i giorni di prova nell’altro negozio sono stati immortalati sui social. Tito e Bob non volevano perdere il ragazzo e la clientela che a lui faceva riferimento. Lo avevano visto crescere nel loro salone e i clienti ormai chiedevano sempre più spesso di lui. Così, dopo aver provato a minacciare il titolare della barberia concorrente, hanno chiesto al giovane di raggiungerli nel retrobottega e, al termine di una lite, avrebbero afferrato un coltello e un punteruolo e lo avrebbero colpito a cuore, fegato e stomaco.

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